"Chi se vò imparà a magnà, da li preti bigna che va." un proverbio romano che ribadisce quanto la cucina sia quella del popolo ...
La Trattoria Sellero & Ventresca riscopre i sapori della cucina tradizionale romana con i suoi piatti "poveri", abbondanti e assai saporiti. La riscoperta dei sapori e della tradizione romana quali: ilquinto quarto è quel che rimane della bestia vaccina o ovina dopo che sono state vendute ai benestanti le parti pregiate: i due quarti anteriori e i due quarti posteriori.
Si tratta, quindi, di tutto quanto è commestibile delle interiora: trippa (la parte più pregiata è il reticolo, a Roma detta anche cuffia), rognoni (i reni della bestia: vanno tenuti a bagno in acqua acidulata con limone, prima di cucinarli), cuore, fegato, milza, animelle (pancreas, timo e ghiandole salivari) e schienali, cervello e lingua. Dalla carne ovina si prende anche la coratella, l'insieme delle interiora (fegato, polmoni, cuore). Per il maiale e la vitella, a questa lista vanno aggiunti gli zampetti.Da che esiste Roma, la cucina delle classi meno abbienti è stata quella dei prodotti del vicino Agro, delle farinate e dei legumi. Non a caso la celebre "puls" dei romani (che per questo erano detti "pultiferi" cioè mangiatori di polenta) era una pappa di cereali e legumi che nei diversi accostamenti prendeva altri nomi e sapori. Tra i legumi erano i ceci a farla da padrona, anche sulla tavola dei ricchi. Bagnati di olio e presentati caldi in ciotoline di coccio aprivano il pasto della sera. Poi, con i secoli, la cucina del volgo prese l'abitudine di fare della zuppa di legumi il suo piatto della vigilia, come pasta, ceci e baccalà.